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Newsletter Culmine e Fonte n. 11/2016 - Articoli

Newsletter Culmine e Fonte n. 1/2017

Sommario:

 

 La festa della Presentazione del Signore (2 febbraio)

 

Si tratta di una festa di antica istituzione e tradizione. È attestata a Gerusalemme attorno al 384 dal celebre Diario della pellegrina Egeria. Veniva celebrata il 14 febbraio, Quadragesima de Epiphania, cioè 40 giorni dopo l’Epifania, in relazione alle testimonianza bibliche. Nel IV secolo, infatti, in Oriente la nascita di Gesù veniva celebrata il 6 gennaio, giorno dell’Epifania. La presentazione al tempio, secondo la narrazione evangelica (Lc 2, 22-58), doveva essere compiuta trascorsi quaranta giorni dalla nascita e quindi il 14 febbraio, esattamente quaranta giorni dopo l’Epifania, si celebrava questa festa. Poco a poco la festa locale di Gerusalemme entra nel calendario delle altre Chiese del mondo cristiano. Nel VII secolo giunge a Roma per opera di Papa Sergio I, pontefice dalle origini orientali che includerà nel calendario romano anche altre tre feste mariane orientali: l’Assunzione, la natività di Maria, e la festa dell’Annunciazione. Negli antichi sacramentari è riportata con il nome greco di Ypapanthi (Hypapantì) che significa “incontro”; oggetto della festa, infatti, è l’incontro tra il vecchio Simeone e il piccolo Gesù speranza di Israele. La festa aveva una connotazione mariana, evidenziata in particolar modo dalla processione stazionale che aveva luogo nei santuari di Blachernes a Costantinopoli e di Santa Maria Maggiore a Roma. Oggi viene posta maggiormente in risalto la figura di Gesù e pertanto viene inserita tra le feste del Signore. L’elemento che oggi caratterizza la liturgia romana della Presentazione del Signore è la processione con i ceri. La festa, infatti, è anche nota con il nome di candelora. La Presentazione del Signore è una festa a data fissa, ma al tempo stesso è anche una festa memoriale, poiché attualizza nell’oggi storico un evento salvifico basato su un dato biblico. Nell’oggi liturgico la Chiesa celebra, rendendolo nuovamente presente all’interno del rito, l’incontro di Gesù con il suo popolo rappresentato da Maria, Giuseppe, l’anziano Simeone e la profetessa Anna. Questo incontro è simboleggiato dalla processione con le candele accese. Prima della riforma del calendario liturgico questa festa concludeva il Tempo di Natale che oggi, invece, come noto, è chiuso dalla festa del Battesimo di Gesù.

Alcuni suggerimenti di pratica liturgica
Il Messale prevede due forme per la benedizione delle candele e la processione
1. La benedizione si compie in una chiesa sussidiaria che funge da “colletta” ovvero da luogo di riunione della comunità (che ne va, ovviamente, avvisata per tempo). Da lì ci si muove poi in processione verso la chiesa di celebrazione. In questo caso il sacerdote può indossare o direttamente la casula, oppure il piviale che deporrà prima di venerare l’altare per indossare la casula. Questa forma è raccomandata dove la struttura, la distanza, l’agibilità lo consentono, se il clima permette, se la comunità ha una dimensione che renda possibile una processione cospicua e decorosa, se ci sono ministranti con il loro abito liturgico che possano recare la croce e le candele. Ogni volta che la comunità cristiana esce sulle pubbliche piazze e strade si richiede ancora maggior cura di quella sempre dovuta alla celebrazione: si richiedono i permessi del caso se si esce all’esterno del complesso parrocchiale, si assicurano l’amplificazione, il canto (eventualmente con auto di supporto per portare e amplificare la tastiera), il servizio d’ordine: nulla deve dare l’impressione dell’improvvisazione e di una cosa tirata alla meno peggio.
2. Il rito avviene nella stessa chiesa (può essere presso la porta, ma anche in altro luogo che garantisca la visibilità e la partecipazione di tutti; in alcune strutture architettoniche a pianta circolare si potrebbe pensare anche al centro della chiesa). In questo caso il sacerdote indossa direttamente la casula.

Quale che sia la forma di ingresso scelto, il rito si articola in alcuni brevi passaggi: antifona (si può eseguire il ritornello di un breve canto che tutti conoscono: Il Signore è la luce; Il Signore è mia luce e salvezza; Tu festa della luce; Luce per me sarai…), saluto, monizione, preghiera di benedizione e aspersione delle candele. Quindi il diacono o lo stesso sacerdote danno avvio alla processione, durante la quale è previsto il Cantico di Simeone. Le rubriche ammettono la sostituzione con altro canto a tema, ma per la pregnanza di significato di un cantico che dovrebbe essere noto a tutti per l’uso quotidiano di compieta, si faccia il possibile per conservarlo. Se la processione si protrae non è bene ripetere il cantico già eseguito: si faccia un altro canto o si accompagni il tratto che rimane con l’organo.
Oltre al necessario per la celebrazione, si preparino il turibolo con l’incenso, la croce e le candele, il vaso con l’acqua benedetta e l’aspersorio. Per il canto non si distribuiscano foglietti: ogni fedele avrà già in mano la candela. Si preveda un solista che canti le strofe del cantico e tutta l’assemblea  risponde memorizzando l’antifona Lumen ad revelationem…
Le candele vengono distribuite ai fedeli prima dell’inizio del rito e vengono subito accese: quando la celebrazione inizia tutti gli astanti sono in piedi con la loro candela accesa. Non si benedicono e non si aspergono le candele spente o quelle eventualmente rimaste nella scatola, che non vanno distribuite agli assenti o a chi le richiedesse nei giorni seguenti: secondo la logica di tutti i sacramentali, il segno della candela, portato a casa, richiama ogni giorno l’atteggiamento spirituale che ha sostenuto la partecipazione al rito e alla successiva Eucaristia. Il segno di un rito al quale non si è partecipato non ha particolare valore e può ingenerare derive superstiziose (la candela non ha poteri taumaturgici o di protezione) che non vanno incoraggiate.
Le candele si spengono quando la processione si è conclusa e il sacerdote venera l’altare.

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